viaggio sulla vetta del VI° continente

Thursday, January 15. 2009

Durante la notte il vento non ci da' requie, io Cristina ed Ahmet abbiamo una turnazione piuttosto pesante: ogni due ore uno di noi esce dalla tenda, indossa gli occhialoni e gli scarponi, ed armatosi di piccozza e pala, tenta di alleggerire lo strato di neve che vuole seppellirci. Nel frattempo gli altri due, premendo con la schiena sulla struttura cercano di restituirle quella forma che si apprezza quando il materiale è in esposizione nei migliori negozi di articoli sportivi.
La mattina del giorno seguente ci vede ancora impegnati nella stessa routine: durerà oltre le 36 ore. Inizio ad essere stufo, mi sento prigioniero di un meteo avverso ed implacabile: sono ad una quota non estrema ma le condizioni per il tentativo alla vetta non si realizzano. Il tempo scorre inesorabile, il cibo inizia ad essere una riflessione importante, l’umido all’interno degli abiti rende tutti nervosi.
Alle 1230 del 4 gennaio il vento inizia a diminuire, questa volta il cielo è coperto parzialmente dalle nubi: sarà l’annuncio o il termine di una perturbazione? Senza strumentazione è difficile comprenderlo, qui basta il vento per ridurre la visibilità.

Sono talmente stufo che decido di andare a fare quattro passi: magari verso la cima.
Sono teso come una corda di violino, fallire qui potrebbe dire non avere una seconda opportunità, troppo complessa e costosa questa Antartide per pensare di organizzare, almeno in tempi brevi, un'altra salita.
Ho paura di essere troppo lento, esporsi a questo freddo in quota indebolisce rapidamente.
Poi, come sempre, la fortuna assiste “l’uomo comune”: tengo duro con il mio lento procedere e, lasciando i 4000 innesto l’autopilota in funzione “climb”; nessuno mi riesce più a fermare, in 4 ore supero con tranquillità il lungo vallone che porta al colletto terminale, aggiro l’anticima con un duro traverso verso destra ed arrivo infine sull’aerea cresta finale. La quota è quasi tutta fatta, manca la cresta di neve che deve essere affrontata con attenzione a causa della neve ventata che forma insidiose “meringhe”.

Alle 2003, accompagnato da un urlo di gioia liberatoria, calpesto la cima dell’Antartide: sono sulla vetta del Mt. Vinson. E’ un grande privilegio.
La giornata si trasforma, le nuvole scompaiono del tutto ed il vento cala, la temperatura rimane rigidissima; il termometro si è rotto passando per i -30°C.
La maschera che mi protegge il volto è ghiacciata da tempo,al di s

otto però scendono alcune lacrime, sono commosso, dimentico gli sforzi ed ammiro il panorama: la luce bassa e radente riduce il contrasto ma amplifica le ombre dei rilievi.
Anche gli altri arrivano più o meno distanziati, qualcuno mi ha preceduto: foto di rito ed inizia la discesa.
E’senza storia per la brevità del percorso: meno di 3 ore; è invece ricca di tutte le emozioni determinate dal rilascio della tensione.
Quando arrivo alla tenda al campo2 sono tutto umido, non ho da cambiarmi ed anche il saccoletto è umido, sono felice lo stesso e dormo serenamente
Ciao ciao

Solo dopodomani terminiamo con il rientro nella civiltà, domani invece si lavora!

Posted by Stefano in Vinson at 18:49 | Comments (8)

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Comments

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Leggerti ci fa mancare il fiato . Ci riscalda l'anima sentirti telefonicamente al caldo della tua baita occupato a tenere a bada tutte le tue donne:). i tinos'

#1 enoistruttore on 2009-01-15 20:56

una basta e avanza,in baita!

#1.1 stefano on 2009-01-17 05:48

Che emozione! Seduta qui alla mia scrivania mi sento proprio orgogliosa di te. Dona

#2 Dona on 2009-01-16 13:43

che onore che mi fai

#2.1 stefano on 2009-01-17 05:49

Senza parole!!

#3 marco on 2009-01-16 16:35

dai che lo sai che leggo molto e conto balle!

#3.1 stefano on 2009-01-17 05:50

era ora che tornassi a lavolare!
basta con sti privilegi di ferie interminabili.
ciao dalla val Pusteria
(in ferie)
Mau